SPERO CHE TU DANZERAI

Giorgia è un’educatrice meravigliosa.

Il suo essere così speciale credo derivi dal fatto che prima di essere un’educatrice è una persona con un cuore grandissimo.

“Raro è trovare una cosa speciale, nelle vetrine di una strada centrale. Per ogni cosa c’è un posto e quello della meraviglia è solo un po’ più nascosto” canta Niccolò Fabi e Giorgia ne è la prova vivente.

L’ho incontrata ormai più di un anno fa, una mattina di Aprile, smontavo dalla mia prima notte in comunità e non ero riuscita a chiudere occhio. Le notti quando non dormi sono interminabili, dalle due alle tre i minuti sembrano durare i doppio e ogni rumore è amplificato. Come prima cosa le chiesi: “miglioreranno con il tempo?” e la sua risposta fu: “assolutamente no!”. Sincera e spietata ma aveva ragione.

Mi parlò di N., la sua N. per chi non lavora in comunità è difficile comprendere l’intensità del rapporto che si crea con i bambini che la vivono, è quasi surreale, visto dall’esterno. Vivere la quotidianità intensifica il rapporto, crea dei legami profondi e indistruttibili. Stare e Fare insieme, una serata a base di film, pop-corn e coccole sul divano, preparare la tavola insieme, addobbare la casa per Natale, giocare in cortile, fare un pic nic al parco; questo è quello che facciamo, nulla di speciale ma la quotidianità regala ricordi indelebili.

La forza di noi educatori sta nel creare legami pur sapendo che i nostri bambini, sono destinati ad un posto migliore, che arriverà il momento di doverli lasciare danzare. Il dolore che si prova è paragonabile alla fine di una storia d’amore, io conosco la sensazione, anche Giorgia lo sa bene e lo racconta così:

“Erano gli ultimi giorni, quelli dove i pensieri più angoscianti non mi lasciavano, quelli dove gli occhi all’improvviso si riempivano di lacrime, quei giorni in cui il pensiero di doverla salutare mi spezzava letteralmente il cuore. Casualmente lessi una poesia:

Promettimi che darai a ciò in cui credi una possibilità di lottare.

E quando ti si presenterà la scelta di star seduta in disparte, o di danzare danza.

Io spero che danzerai

La feci mia e la trascrissi su una delle prime pagine dell’album dei ricordi che le avrei lasciato ilgiorno dei saluti. Album ricco di foto, di pensieri, di colori, di momenti che volevano restituire a N. anche solo un pezzettino di memoria di quello che era stata lei e di quello che eravamo insieme.

Era proprio questo che le avrei voluto dire e dedicare per tutta la vita: la possibilità di sentirsi bella, forte, coraggiosa, di non sentirsi meno di nessuno, sensibile ma con la grinta giusta per affrontare ogni giorno della sua vita nonostante la sua vita, fin da subito, l’avesse messa di fronte ad una prova che nessuno dovrebbe mai affrontare.

Passammo insieme i suoi primi 15 mesi di vita, arrivò a pochi giorni dalla nascita nella comunità minorile dove lavoro, arrivò in uno dei mesi più freddi dell’anno e fin da subito ci scegliemmo per scaldare l’una il cuore dell’altra.

Per me lei era la MIA bambina.

L’ho cresciuta come tale, in turno, tra le mura della comunità e fuori, a casa mia. La portavo ovunque, a vedere rumorose partite di basket, gare di atletica (mia passione per cui fantasticavo un giorno lei sarebbe diventata una fortissima quattrocentista ot riplista o anche tutte e due) passeggiate al lago, era sempre presente nelle uscite con mia mamma o in quelle con le mie amiche che fossero colazioni o cene, volevo che conoscesse una casa, una casa vera che lei non aveva e che io non potevo accettare non avesse.

Per me era l’amore più grande che avessi mai avuto. E’ stato giusto? Ho fatto bene a creare tra noi questo legame così unico e grande? Inevitabile, l’amore arriva all’improvviso, non si sceglie di amare qualcuno, lo si fa e basta.

Fu nel giorno più romantico dell’anno che la sua mamma e il suo papà adottivi vennero per conoscerla. Due persone speciali, una mamma e un papà che non mi hanno mai esclusa e mi hanno sempre fatto sentire parte della vita di N. una mamma e un papà dal cuore grande dove ha trovato posto N. e tutta la sua storia precedente. A loro va il mio grazie per aver fatto si che l’angoscia, le lacrime e la paura che mi accompagnavano nel lasciare N. si siano trasformati in gioia, felicità e sicurezza nel sapere la MIA bambina, VOSTRA.

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